È orami risaputo che esiste un vero e proprio asse intestino-cervello che sembra regolare il benessere dell’intero organismo. L’intestino ed il cervello parlano la stessa lingua e la comunicazione fra i due organi avviene attraverso neurotrasmettitori comuni, come la serotonina.
I pazienti affetti da fibromialgia accusano spesso sintomi gastrointestinali, un recente studio ha confermato che la fibromialgia è positivamente associata a vari disturbi gastrointestinali benigni, i soggetti affetti da fibromialgia avevano una maggiore prevalenza di IBS (Sindrome dell’intestino irritabile), celiachia, malattia di Crohn e colite ulcerosa (Savin E et al. Association of fibromyalgia with cancerous and non-cancerous gastrointestinal comorbidities: a cross-sectional study. Clin Exp Rheumatol. 2023 Apr 3).
I pazienti fibromialgici, infatti, hanno spesso una disbiosi intestinale con aumento della permeabilità intestinale (leaky gut): uno squilibrio della flora batterica, che porta alla prevalenza di specie patogene, con eccessiva produzione di tossine, di sostanze infiammatorie che causa un’infiammazione sistemica di basso grado, generando una risposta del sistema immunitario, con liberazione di citochine pro-infiammatorie.
Le tossine batteriche passano così in circolo ed arrivano al sistema nervoso centrale, attivando la microglia ed aumentando l’attività cerebrale “glutammatergica”, con un maggior rilascio di glutammato, che sensibilizza il cervello al dolore, amplificandolo e generando depressione e ansia. Ciò porta anche alla produzione eccessiva di radicali liberi, che danneggiano anche i mitocondri, contribuendo alla disfunzione cerebrale. Infine, le tossine batteriche agiscono anche a livello muscolare, provocando disfunzione mitocondriale che facilita il dolore ed aumenta lo stress ossidativo.
Una corretta alimentazione permette di prevenire la disbiosi e ripristinare l’integrità della barriera intestinale. A questo scopo sembra essere utile ridurre alimenti infiammatori come il glutine (preferendo cereali senza glutine come riso, quinoa, grano saraceno, miglio, teff, amaranto), i latticini (per l’effetto infiammatorio delle caseine e la frequente presenza di intolleranza al lattosio) e le solanacee (peperoni, pomodori, patate e melanzane), per il loro contenuto in solanina.
Risulta necessario evitare cibi industrializzati, preconfezionati (ricchi di additivi, conservanti ed ingredienti “poco naturali”), dolci, zuccheri semplici e farine raffinate e limitare il consumo di carne rossa, preferendo inoltre quella proveniente dall’allevatore, che porta il bestiame al pascolo, piuttosto che della grande distribuzione, in cui gli animali vengono nutriti con mangimi, allevati in condizioni poco “etiche” e spesso sottoposti a dosi elevate di antibiotici.
È consigliabile garantire un buon apporto di fibre (nutrimento della nostra flora batterica) ma senza esagerare per non irritare l’intestino, consumare spesso alimenti ricchi di molecole antiossidanti e antinfiammatorie (frutta e verdura, magari a km zero, coltivati senza uso di pesticidi, cereali non raffinati, frutta secca oleosa, semi, pesce azzurro) e garantire un buon apporto idrico (almeno 1,5 – 2 litri di acqua al giorno).
È importante anche limitare il caffè e sostanze nervine: l’eccesso di sostanze eccitanti può aumentare la sensibilità al dolore ed irritare ulteriormente l’intestino.
Da tutto ciò nasce l’importanza di essere seguiti da uno specialista che curi l’alimentazione e l’adeguata integrazione al fine di ridurre al minimo i sintomi.